Il dio Denaro

in Giornale Storico del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, 13, Giovanni Fioriti Editore, Roma, 2011 – Estratto

È abbastanza scontato affermare che la maggiore disponibilità di denaro a disposizione della gente rispetto alle passate generazioni ha comportato una auspicata, opportuna crescita del benessere, che si è tradotta in una maggiore civiltà anche con benefici effetti sul piano democratico e culturale (le persone leggono di più e sono più informate); ma questa maggiore quantità di denaro ha comportato al tempo stesso un aumento dell’omologazione consumistica, quasi un bisogno collettivo coatto di avere, di mostrare: viviamo nella società dello spettacolo, al punto tale che se – per effetto del principio di imitazione – non ci si può uniformare ad un certo livello di consumi ‘visibili’, se ne avverte la mancanza e quasi ci si sente in colpa per non aver avuto la capacità di procurarseli. E tutti sanno che questo è il meccanismo alla base dell’economia di mercato consumistica: questo sistema utilizza molteplici vie, anche subliminali, per alimentare il processo; con la conseguenza tra l’altro che, malauguratamente, la bramosia indotta di denaro, rischia di far proliferare non solo fenomeni di delinquenza individuale ma anche e soprattutto quella organizzata, tipica del nostro paese, come mafie, ndranghete e così via.

Il denaro dunque presenta una duplice polarità: è connesso col bene e col male, con Dio e con il diavolo e “ha effetti sulla coscienza e sull’inconscio”.

Nell’attuale congiuntura economica in cui per la maggior parte delle persone si è ridotto o arrestato il processo di aumento della disponibilità del denaro, si impone dunque una riflessione. Una riflessione complessa (che qui possiamo soltanto accennare) sul nostro io, e sulla coerenza tra le nostre idee e i nostri comportamenti; muovendo dal nostro ‘particulare’ proviamo a tener conto anche dell’universale.

Intanto, come punto di partenza non si può ignorare che stiamo assistendo a movimenti in atto nella storia di nazioni e popoli che aspirano giustamente a condizioni morali e materiali di vita più dignitose, e che il procedere di questi movimenti, pur con battute d’arresto, è inevitabile.

Ora questa realtà bisogna sempre averla presente, perché se si ritiene che gli uomini sulla faccia di questa terra, pur con le loro differenti individualità ed identità da salvaguardare, siano uguali nei sentimenti, nelle gioie e nei dolori, e quindi compaterticipino di una pari dignità di base, non è razionalmente tollerabile che l’opulenza di alcune parti di mondo si traduca in difficoltà materiali di vita per le restanti parti (che in realtà sono la maggioranza); disparità oggi verificabile che non consente ad alcune parti di mondo non solo una esistenza minimante decente ma talvolta impedisce anche la nuda vita.

Questa è un’ottica umanitaria laica, ma su di essa non ci dovrebbero essere fraintendimenti perché anche il Dio d’amore del nostro Cristianesimo e le religioni del resto del mondo ce la impongono.

È un discorso scivoloso e complesso che ha anche conseguenze e riscontri sull’assetto socio-politico del mondo occidentale, con effetti che generano intolleranze e chiusure. Più o meno coscientemente, da parte di molti si ritiene infatti che il livello di benessere materiale raggiunto, se non è possibile incrementarlo, sia quanto meno da difendere con le unghie e coi denti ad ogni costo, perché il danaro sembra esser diventato il metro di misura della realizzazione della persona, inteso ”sia come potere di avere, sia come potere di essere.”

Ma ne siamo veramente sicuri? E siamo veramente convinti che per quelli tra i paesi occidentali che hanno raggiunto un livello accettabile di vita, la crescita economica – per come fino ad oggi si è realizzata – sia un progetto irrinunciabile da perseguire, e non sia piuttosto un falso obbiettivo? Non è possibile ignorare che in passato lo sviluppo economico è servito a realizzare solo in parte l’auspicata equità sociale; è dato assodato che negli ultimi decenni le differenze tra ricchi e poveri sono in realtà aumentate. E se dunque per le vigenti e condivisibili leggi dell’economia globale la crescita resta postulato irrinunciabile, dovrebbe prevalentemente essere orientata alla riduzione delle disparità esistenti.

Sorge infatti il ragionevole sospetto che l’aspirazione ad una maggiore disponibilità economica – nel singolo – nasconda piuttosto il desiderio di alimentare la propria visibilità/successo, (quanto suggerisce il demone del potere-danaro), per coprire a livello personale grosse carenze di realizzazione a livello interiore personale, e/o anche situazioni depressive nascoste o latenti.

Abstract

In tempi in cui vacilla la credenza nelle religioni tradizionali e sono venuti meno gli antichi valori che regolavano gli assetti familiari, si manifesta una nuova ‘deità’, il denaro, che presenta una duplice polarità: Dio o demone. Se il denaro è stato fattore propulsivo per il progresso della civiltà, al tempo stesso rischia di divenire un obbiettivo fine a sé stesso, per nascondere carenze di realizzazione a livello personale o anche situazioni depressive. Solo un equilibrato sviluppo psichico dell’individuo può garantire la giusta valenza da dare a questa nuova’ deità’.